4 novembre 2013

(estemporaneo e senza titolo)

Ma parliamo un po’ di me, per favore, che non lo faccio da tempo.
Ho il carattere che ho e si tratta per la maggior parte dei momenti di un carattere bruttarello. Melodrammatica, polemica, teatrale, a tratti vittimista, impulsiva, vendicativa, sommaria, pessimista.
Ma il carattere è una cosa, l’essere è un’altra, il primo è solo la superficie, l’aspetto esteriore di qualcosa che è sempre molto più grande molto più complesso, stratificato, colorato, l'essere appunto, e no, non ci trovo nulla di incoerente nella consapevolezza di avere un carattere di merda e di essere una persona che si piace.

Quello che tu vedi è quello che non ti impegna.
Quello che non vedi (ciao, tu) è quello che ancora non sai, ma ti chiederà la pelle.

Sono fatta come sono fatta, mi piaccio, credo di essere speciale (lo crediamo tutti, no?), di poter fare la differenza nella vita delle altre persone. Che ci sia o che non ci sia sposta le cose,  deve spostarle, non “è lo stesso”, non “è uguale”, non è “come vuoi”, non è “come ti pare”, non è “fa niente”.
Fa la differenza. Dovrebbe farla.
Poi uno può anche scegliere di non volerla quella differenza, ma se la scegli devi notarla.

Ma esserci come mi piace esserci nella vita delle persone ha un costo in termini di impegno, di energia, di investimento emotivo, fisico, psicologico, ci vuole impegno per stare accanto alle persone come intendo “stare accanto alle persone”, e - attenzione - è qui la notizia: non è gratis.

No, ma quali soldi, vi piacerebbe se fosse così semplice, soldi, che banalità, no, qui c’è una bilancia molto cinica, che misura anche le frazioni infinitesimali del mio essere e del mio dare, chi ha mai detto che fosse gratis?, io voglio indietro altrettanto.
Non nella stessa forma, ognuno restituisce come può, vuoi portarmi a fare un giro in bici, farmi l’amore, guardarmi negli occhi per ore, fare una passeggiata, parlare fino a sfinirsi, sfinirsi fino a tacere, ridere col mal di pancia, piangere con la testa e le gambe, fai come vuoi, ma quella cinica bilancina del cazzo deve andare in pari.

Perché l’impegno io ce lo metto tutto e ce lo metto sempre, ma deve valerne la pena.
Non è facile rapportarsi alle persone mettendo sul piatto tutto quanto e constatare di volta in volta quanti siano pochi quelli che riescono davvero a ricambiare.
Perché non è tanto lo sforzo. È proprio la relazione, la comprensione, l'accuratezza del gesto di ritorno, la mira.
Non tutto quello che arriva lo leggo nella forma e nell’intenzione con cui magari è partito.
Ma di una cosa riconosci il valore solo se finisce a centrare il segno che tu avevi tracciato. Altrimenti è un gesto come un altro di cui non coglierai il senso fino in fondo.

Non è facile neanche passare per la cinica stronza che misura il dare e l’avere come se fossero quotazioni di borsa.
Ma io la sento la fatica dell’impegno, dell’esserci, del viversi fortissimo e a tutta velocità, del metterci dentro sangue-fegato-cuore-muscoli, e se per te non fa la differenza allora non mi avrai, e se tu non sei in grado di ricambiare allora non ci sarò, e se sei talmente idiota da rinunciarmi, quella è la porta e una volta fuori non c’è verso di rientrare.

Non mi giudicate. Siete come me.