30 agosto 2011

6 maggio 1994 - prima parte

I biglietti li avevamo da tre mesi abbondanti. Restavano solo da definire i dettagli, tra i quali svettava quello principale: "cosa ci mettiamo?". Eravamo in quella fase adolescenziale, dalla quale non si esce mai del tutto, in cui l'armadio del vicino è sempre più adeguato. Quindi per settimane andò avanti una contrattazione serratissima di "tu mi dai, io ti presto, poi chiediamo ad Alessia, e poi la Manu ha quella maglia" per approdare all'abbigliamento perfetto da "primo concerto della nostra vita".
Nessuno dei nostri genitori sapeva di questi scambi di vestiti. Era vietato. "Hai un armadio pieno di roba tua, perchè devi chiedere i vestiti alla tua amica?" "Mpf. Che cosa vuoi capire, tu..."

Il 6 maggio 1994 era un venerdì. Venerdì a scuola facevamo sei ore. Nello zaino i panini per il pranzo, che "non passiamo neanche da casa, andiamo fuori dai cancelli subito". L'abbigliamento scrupolosamente definito, e relativi accessori (collane, braccialetti, trucco), riposava pulito nella borsa di ginnastica. 
Ultima ora: tedesco. 
A turno, quattro ginette chiedevano il permesso di andare in bagno ognuna con la sua bella borsa del cambio, e ritornavano in classe tra l'indifferenza della prof e gli altri compagni che le guardavano straniti. "Ma non avevi un'altra maglia?" "Ti sei truccata?" "Naaaa, fattifattituoi, zitto". 
Tra di loro era tutto un autocompiacersi a suon di occhiolini, sorrisi e pollici alzati. L'autocompiacimento è la base di ogni forma di ginettismo, chè noisiamotroppounicheeirripetibili.

Neanche a dirlo,  le mise scelte erano semplicemente assurde, e andavano da una maglia da giocatore di baseball (che portava A., ovviamente con uno stile che noi mai nella vita), a una canotta dei L.A. Lakers (io) del fratello di un'altra amica, a una maglia acrilica blu elettrico con un gigantesco sole davanti (G.) appartenente a non mi ricordo quale compagna di classe che del concerto non sapeva nulla, ad un improbabile total-white (S.) che sarebbe rimasto total e white per molto poco.


(continua)

26 agosto 2011

L'ho scelto perchè sa motivarmi

- ...e se ci trasferissimo là io farei molti meno chilometri per andare al lavoro.
- Ne stiamo davvero parlando?
- Te lo sto dicendo, mi sarebbe tanto più comodo.
- Ok, ma al di là della tua comodità, indubbiamente importante eh, mi dici per quale motivo io dovrei sradicare i bimbi e soprattutto me stessa da una routine tutto sommato ben rodata? Dammi un buon motivo, uno solo, ma sensato.

- È la capitale delle Scarpe.

24 agosto 2011

Avrò più tempo per leggere, dai

- Cosa vuoi per merenda, Roo?
- Papà, fai così: p(r)endi la banana, la tagli a pessettini, e ci metti sop(r)a il latte.
- Scusa, ma dove hai mangiato la banana in questo modo? Dalla nonna?
- No. Me la fanno semp(r)e all'asilo nido.
- Sarebbe fantastico, se non fosse che tu non sei mai stato all'asilo nido, Roo.
- Sì sì, me la fanno semp(r)e all'asilo nido. Me la fa la mia maest(r)a Nicole che è g(r)ande e vecchia come la mamma.
- Non sei mai stato all'asilo nido, Roo.
- Invece sì.

- Tuo figlio inventa delle balle meravigliose. (poi un giorno parliamo anche della funambolica elasticità degli aggettivi possessivi riguardanti i figli).
- Non le chiamerei proprio "balle". È fantasioso, inventa costruzioni di realtà alternative.
- Sì, solo che da settembre va all'asilo.
- E quindi?
- Quindi inventerà realtà alternative come dici tu, anche fuori casa, magari parlando proprio di noi.
- ...
- Considerata la convinzione che ci mette, secondo me entro fine anno ti arrestano.
- Mi mancherete molto.
- Ti porteremo le arance.
- E la crema idratante, please.

18 agosto 2011

Tre per te

5 marzo 2008
- È un maschietto. Lei ha già una femmina, così ha fatto la coppia, che brava.
- Ci deve essere un errore...
- Nessun errore, guardi qui... Perchè? Voleva un'altra femmina?
- (quasi singhiozzando) No, vabbè, l'importante è che sia sano.
- Ah bè, ma questo non si può dire fino al parto.
- Mavaff...

Quando mi hanno detto che eri un maschietto io no.
Con tutta la vergogna del caso, che lo so che l'importante è che stessi bene, ma io avevo questo strano sogno distorto del doppio fiocco rosa, che fa tanto scuola di danza, ma anche tanto sorelline complici. E c'eri tu.

Ho capito che saremmo andati d'accordo già il giorno del tuo arrivo, quando per uscire ci hai messo 45 minuti in tutto, e sei venuto fuori magrolino, ranocchietto, con quella faccina da piccolo europarlamentare tipica dei neonati. E mi guardavi negli occhi. Sì lo so che sembra assurdo, e che questa sembra una frase da madre rincojonita (come quelle che dicono, hai visto? ha sorriso - ma ha 2 ore di vita, cosa vuoi che sorrida? ti ho detto che ha sorriso, mi ha riconosciuto - seee certo), ma davvero, in quella stanza d'ospedale vuota, nel silenzio della nostra prima notte insieme, ti ho tenuto sdraiato sulle mie gambe piegate e tu mi guardavi negli occhi.
Non li avresti più mollati i miei occhi da quel momento.
E avresti cominciato a guardarmi con uno sguardo innamorato che nessun uomo mai nella vita.
È nata un'incredibile storia d'amore tra di noi. Una storia a base di quattro occhi azzurri che si ritrovano gli uni negli altri a darsi conferma che sì, ci siamo.

"Mamma tu c'hai y occhi asshulli? Anche io".

Ogni giorno cresci e mi somigli.

E, come a volermi dare uno schiaffo morale per i pensieri di quel 5 marzo, sei diventato il miglior maschietto che io abbia mai potuto sperare di avere. Geniale, simpatico, e bello bello bello in modo "asshuddo". Talmente perfetto nelle tue imperfezioni da farmi sentire un'idiota per tutte le volte che ho guardato le coppie di sorelline, invidiandole. Perchè sei uno spettacolo.

Siamo identici, io e te.
Teatrali, rumorosi, melodrammatici, eccessivi. Facciamo un sacco di casino in attesa che qualcuno arrivi in nostro aiuto, aiuto che comunque non chiederemmo mai, che abbiamo un orgoglio che "ce se magna".
Ogni volta che Lui ti guarda fare qualcosa capisco che sta soppesando anche quanta strada ho fatto io, e quanti angoli ho dovuto smussare per passare da quella versione puramente istintiva che sei tu, alla persona tuttosommatoadulta che sono io.

Sai fare tante cose adesso. Compresi i disegni di pipì che io no.
E le fai tutte con quell'entusiasmo trascinante, quell'energia esplosiva, quel potere detonante distruttivo (anche troppo a volte), e senza alcuna paura di sbagliare.
E le fai prendendo per mano tua sorella, e lasciandoti prendere per mano da lei.

Non c'è bambina al mondo che potrebbe essere più perfetta per me di quanto sia tu.
Tu che per mesi nella pancia non hai avuto nome e, su suggerimento di Lee, ti chiamavamo"Cocco".
Tu che per addormentarti devi accarezzarmi il lobo dell'orecchio.
Tu che mi prendi per mano e mi dici "ti boyo tanto bene".
Tu che litighiamo fortissimo. E poi ci abbracciamo ancora più forte. E poi torniamo a litigare.
Tu che oggi fai 3 anni e sei straordinario.

3 agosto 2011

Lost in vacation


Il mio cervello dev'essere partito per le ferie e mi ha lasciato qui.
Vedo se riesco a recuperarlo, dai, tanto si sa che il vero "inizio anno" è settembre.
Intanto cercherò di capire un po' di cose su di me, su questo posto, sul senso della vita (laddove fallirono Vasco e Bonolis poté La Lara), sui progetti futuri, sulla difficoltà di Paris Hilton a mettersi un paio di mutande, e su come perdere chili solo sui fianchi, macheccentra.

Ma torno.
Credo.

1 agosto 2011

Di biciclette - capitolo 2

- Sai che ti avevo detto che il telaio della mia bici è troppo corto?
- Certo, e l'idroforming e la sagomatura e la tua schiena e stica.
- E invece, guarda: ho tolto il manubrio da una vecchia bici da discesa che essendo curvo qui e qui, allunga l'insieme di qualche centimetro e mi risolve il problema.
- ...
- Lara?
- Una manovra di riciclo che, scusami, ti potevi anche far venire in mente prima con-quello-che-ho-speso-per-farti-studiare... Ma cosa vuol dire bici "da discesa"? Anch'io sono un modello "da discesa", una donna "da discesa", eccomi.
- Hai fatto anche un figlio "da discesa". Comunque si intende fuori strada eh, dovresti sporcarti le scarpe...
- Come non detto, allora.