10 aprile 2011

Le vite degli altri

Una sera di tanto tempo fa.
Un ristorante nel modenese.
Io e Lui eravamo ai primi appuntamenti, quelli che ancora non sei in grado di ammettere che sei innamorata, quelli che ogni scusa è buona per starsi addosso, quelli che si parla tantissimo "che - aspetta - devo dirti questa cosa, è importante", quelli in cui sembravamo ad una festa tutta nostra a cui il resto del mondo non era invitato.
Nel ristorante tanta gente.
In un angolo, seduti ai lati opposti di un tavolo quadrato un ragazzo e una ragazza della nostra età, lui la guarda come in attesa di una risposta, lei gioca con dei pezzettini di stuzzicadenti sulla tovaglia cartadazucchero che stende con le mani, come a togliere una briciola che non c'è.
Lui li indica con un cenno della testa e dice: "Chissà di cosa stanno parlando", e io attacco a raccontargli la storia di quei due, e parlo per il quarto d'ora successivo aggiungendo sempre più dettagli, con Lui che mi osserva tra il divertito e il sorpreso, e mi fa domande per saperne ancora di più.
Da quella sera, questo è diventato un nostro gioco.
Raccontami quell'uomo.
Inventami quelle due amiche.
Parlami di quella coppia.

Soggetti sempre diversi che spaziano dal gruppo di amici al clochard, dalle ragazzine che aspettano il pullman all'avvocato rampante.
Le storie nel tempo sono diventate sempre più articolate, e anche Lui ha imparato il ritmo e partecipa alla narrazione.

L'altra sera in un locale ho visto un ragazzo e una ragazza. Lui bello senza se e senza ma, lei anche bella ma in modo diverso, non immediato. Non era tanto l'aspetto fisico a colpirmi ma la loro fisicità reciproca. Parlavano, prima un po' rigidi, poi sempre più sciolti di pari passo ai cubetti di ghiaccio dei loro cocktail, sempre guardandosi negli occhi.
Da quel che ho visto hanno parlato tantissimo, prima uno poi l'altra. Il tutto era arricchito da una serie di gesti piccoli e delicati, di quelli che di fronte a una domanda diretta si possono sempre ritrattare, "no, guarda mi hai frainteso": nel gesticolare i dorsi delle loro mani si sfioravano, lei seguiva con il dito il corso delle vene dell'avambraccio di lui, lui si avvicinava per sentire bene le parole, lei gli rubava la ciliegina dal cocktail, lui le passava una mano sulle spalle come una brezza leggera.

Erano da togliere il respiro.
E la situazione aveva quel non so che di potenziale inespresso che sprigiona una sensualità prepotente, come tutte le cose incerte che sono la quintessenza del romantico.
Non è successo nulla di propriamente fisico, saranno stati amici, non so, ma deve essere difficilissimo in una situazione così, perchè là in mezzo tra di loro c'erano un sacco di cose.
Amici, sicuro, ma c'era dell'altro, qualcosa che non aveva modo di uscire.
Era come se volessero "viversi" ma potessero soltanto "respirarsi".

Sarebbe stata una bella storia da raccontare.

1 commento:

  1. ciao sono clemente un vecchio che pretende di scrivere storie brevi e.......incantate

    ma tu mi farai smettere ????!!!!!
    komplimentissimi

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