11 ottobre 2011

Regalo mio più grande (e dintorni)

C'è stato un tempo in cui io amavo fare i regali. Ma non per quelle storie altruiste della bellezza del dono, no, il mio era puro distillato di egocentrismo: adoravo vedere la faccia di scartava i regali, adoravo che mi riconoscessero di essere davvero speciale, adoravo che mi adorassero in quel preciso istante in cui toglievano la carta. Niente di altruistico, insomma: trovavo sulle facce altrui le conferme che volevo avere, e se per farlo dovevo solo fare un regalo ben riuscito, vabbè, per me non era un grande sforzo.
Fino a quella volta.
Quella volta che era il compleanno di quella persona.
Avevo preparato tutto.
E mentre preparavo quel regalo che l'avrebbe sorpreso ma mai mi avrebbe mostrato quanto, già misuravo lo sbilanciamento che ne derivava. Nessun riconoscimento, nessuno stupore, nessuna adorazione istantanea e momentanea mi avrebbero mai ripagato. Lo sapevo già dall'inizio che avrei ricevuto un grazie distratto, e poi di nuovo via nella sua vita fatta di porte aperte e chiuse. Eppure.
Non riuscivo a sottrarmi a quel gusto masochistico di chi, pur sapendo che non gli sarebbe stato riconosciuto alcun merito, non poteva esimersi dal fare una cosa speciale per la persona più sbagliata al mondo.
E quindi.
Pentaregalo.
Un regalo per ogni senso: vista, udito, tatto, gusto, olfatto, oltre al biglietto che ne svelasse il percorso. Ogni regalo un colore, ogni colore una carta, ogni carta un biglietto, tutto confezionato come se fosse un immenso fiore, m'ama - non m'ama. Non m'ama. Poco ma sicuro.

Mentre preparavo il tutto mi montava la rabbia, che stavo facendo un regalo bellissimo ad una persona che non lo meritava, consapevole che per correttezza intellettuale con me stessa, mai avrei potuto riciclare l'idea per nessun altro.
Era nato per lui e finito con lui.
Mentre lo preparavo, colorato, ricco, perfetto, ripercorrevo la nostra relazione. Ero talmente esausta alla fine che gliel'avrei tirato dietro invece che consegnato, tanto la reazione sarebbe stata identica. Mi facevo tenerezza per la delusione a cui stavo correndo incontro con le braccia legate dietro la schiena e senza alcuna possibilità di attutire il colpo.
E infatti.
Quella cosa che le persone cambiano e alla fine riescono a sorprenderti in positivo esiste solo nei film americani. Andò esattamente come mi aspettavo, lui distratto, affrettato, io fredda e vagamente cinica, il regalo perfetto nelle mani sbagliate, con il clima sbagliato, le parole sbagliate, la musica sbagliata, il grazie accennato, la mia lontananza.
È stato solo uno degli episodi che non, di quella storia.
Eppure mi è rimasto addosso. Mi ha sfinito. Mi ha tolto il gusto di fare le cose, di fare i regali, di prestare quell'attenzione all'esterno per trovare il regalo giusto per qualcuno, di sentirsi abbracciati e ringraziati in quel modo speciale che sanno fare le persone quando ricevono qualcosa che è perfetto per loro.
Li faccio i regali, certo. Ma senza più quell'incanto. Ed è un vero peccato.

Ecco poi un giorno parliamo anche dei regali più sbagliati che ho ricevuto io, eh, bel capitolo ampio anche quello.

4 commenti:

  1. regali materiali...."immateriali"...quanti regali sprecati.

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  2. Peccato...credo sempre che non dovremmo permettere a nessuno di rubare pezzetti di noi..

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  3. Una volta ho passato sere su sere a cucire un angelo di pezza per una persona che al tempo ne aveva tanto bisogno.
    Forse ne avevo più bisogno io...

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  4. Certo, Giovy, hai ragione. Anche nel mio caso, forse ne avevo più bisogno io, per sottolineare un'importanza che non mi veniva riconosciuta mai..

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