26 novembre 2011

Roma #2 - Cartier Bresson non abita qui

In questa vacanza ho dovuto prendere atto e arrendermi ad una grande evidenza: io e la fotografia non siamo fatte della stessa sostanza. Il che è un peccato, perchè ritengo di avere un occhio moooolto fotografico, e di saper dare la giusta attenzione alla luce e ai colori.

Io so sempre perfettamente come vorrei una foto, il taglio da darle e l’effetto finale che vorrei ottenere. Solo che tra la mia mente e la mia mano c’è solo l’impostazione automatica, quindi le mie foto, quando vengono ferme, difficilmente risultano come le immaginavo prima.
“Eh, cosa vuoi, non sono fortunata”. Questa è la mia spiegazione.

L’esempio supremo è una foto che ho scattato io all’interno del Pantheon e che verrà appesa al centro del salotto a monito della mia inadeguatezza fotografica. Quello che volevo ottenere era un cerchio di cielo azzurrissimo con le nuvolette bianche che si intravedeva dal foro di nove metri di diametro all’apice della cupola [- Maddai? Avrei detto meno, che so, tre metri al massimo. - È in alto Lara, sai, la prospettiva, quelle cose lì].
Nelle mie intenzioni si sarebbe dovuto vedere parte della cupola interna, il foro, il cielo azzurro a stacco, che uno non ci crede che sia novembre con un azzurro così, le nuvole e con la giusta dose di culo anche qualche volatile, che fa tanto Jonathan Livingstone (lo stereotipo è dentro di me e ci sguazza anche, sì).

Il risultato invece, subito ribattezzato “The Hole”, è una palla bianchissima al centro di una foto completamente nera.
- Puoi sempre spacciarla per la luna. Come luna rende.
- Cosa vuoi, non sono fortunata.
- La fortuna non c’entra. Studia, Lara.
- Ma dai, tu guarda, un gabbiano.

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