Esterno giorno, il parco della città, quello dove batte il sole perché non ci sono alberi, inaffrontabile in estate, perfetto per allenarsi con 4 gradi. Riprendo a correre dopo un mese, il fiato tiene molto più dei legamenti, l'epistassi che mi fa compagnia ogni due ore si presenta in forma lieve come a dire "ricordati che ci sono". Affronto il primo giro a testa bassa, concentrata a sentire ogni forma di cedimento fisico, forse alla ricerca di un pretesto per smettere e dire "almeno ci ho provato".
La scusa mi arriverà due giri più tardi sottoforma di crociato che mi saluta e comincia a pulsare, ma nel frattempo corro. Corro le calorie delle feste, corro i pensieri sul futuro, corro i bilanci su quest'anno passato, e sul tutto fatto e su quello ancora da fare. Metto in ordine i pensieri al ritmo dei passi sul sentiero, c'è un ordine preciso che si impone mentre corri, niente di volatile, i pensieri vanno a posto, si depositano dopo tanto turbinare dentro quella snowball-versione-metroesettantaquattro che sono io.
Giro, prendo una curva, entro nell'unico tratto di ombra del parco, e dopo un'altra piccola svolta eccola la frase ad aspettarmi, spray nero su muro di cemento. E io non sono più lì.
"Prendi me, scegli me, ama me".
Ho 23 anni e sto dicendo qualcosa di simile al destinatario del mio amore impossibile e non corrisposto. La risposta fu no, metabolizzai con sigarette-digiuni-distanza, tanto di tutte e tre le cose, fino a venirne fuori. Danneggiata, annientata. Ma viva.
"Prendi me, scegli me, ama me".
Ho qualche anno di più e non posso, di nuovo, restare nella vita di un uomo. Uno con cui avevo sognato una casa in via Borsieri, fatta di muri colorati, e pavimenti in legno chiaro, e mensole da mettere su, e finestre sui tetti della città, e un poster comprato a Verona.
"Prendi me, scegli me, ama me".
Non so quanti anni avessi, forse era ieri, forse una vita fa, ma quella frase l'avrei gridata mille e più volte se gridare in qualche modo fosse servito a renderla possibile e vera ma non.
Chissà se chi l'ha scritta su quel muro è stato poi scelto.
Chissà se poi lei lo ha amato, se lo ama ancora.
Chissà dov'è ora, a chi starà raccontando che l'inizio della sua storia con quel grande amore comincia con una bomboletta di spray nero e il muro di un parco perfetto per correre in inverno.
Ci fantastico su e poi ricomincio a correre bene, riportando i battiti in alto, lasciando che il fiato si spezzi e che i miei ricordi di amori-che-non spariscano nelle nuvolette di fumo prodotte dal mio respiro.
Sorrido, abbasso gli occhi, saluto i miei ricordi e vado avanti.
28 dicembre 2011
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Forse sarà la fine dell'anno che porta un po' a grandi viaggi dentro i ricordi.
RispondiEliminaIo ieri ho riempito un baule con i miei...