28 dicembre 2011

"Scegli me, prendi me, ama me"

Esterno giorno, il parco della città, quello dove batte il sole perché non ci sono alberi, inaffrontabile in estate, perfetto per allenarsi con 4 gradi. Riprendo a correre dopo un mese, il fiato tiene molto più dei legamenti, l'epistassi che mi fa compagnia ogni due ore si presenta in forma lieve come a dire "ricordati che ci sono". Affronto il primo giro a testa bassa, concentrata a sentire ogni forma di cedimento fisico, forse alla ricerca di un pretesto per smettere e dire "almeno ci ho provato".
La scusa mi arriverà due giri più tardi sottoforma di crociato che mi saluta e comincia a pulsare, ma nel frattempo corro. Corro le calorie delle feste, corro i pensieri sul futuro, corro i bilanci su quest'anno passato, e sul tutto fatto e su quello ancora da fare. Metto in ordine i pensieri al ritmo dei passi sul sentiero, c'è un ordine preciso che si impone mentre corri, niente di volatile, i pensieri vanno a posto, si depositano dopo tanto turbinare dentro quella snowball-versione-metroesettantaquattro che sono io.
Giro, prendo una curva, entro nell'unico tratto di ombra del parco, e dopo un'altra piccola svolta eccola la frase ad aspettarmi, spray nero su muro di cemento. E io non sono più lì.

"Prendi me, scegli me, ama me".
Ho 23 anni e sto dicendo qualcosa di simile al destinatario del mio amore impossibile e non corrisposto. La risposta fu no, metabolizzai con sigarette-digiuni-distanza, tanto di tutte e tre le cose, fino a venirne fuori. Danneggiata, annientata. Ma viva.

"Prendi me, scegli me, ama me".
Ho qualche anno di più e non posso, di nuovo, restare nella vita di un uomo. Uno con cui avevo sognato una casa in via Borsieri, fatta di muri colorati, e pavimenti in legno chiaro, e mensole da mettere su, e finestre sui tetti della città, e un poster comprato a Verona.

"Prendi me, scegli me, ama me".
Non so quanti anni avessi, forse era ieri, forse una vita fa, ma quella frase l'avrei gridata mille e più volte se gridare in qualche modo fosse servito a renderla possibile e vera ma non.

Chissà se chi l'ha scritta su quel muro è stato poi scelto.
Chissà se poi lei lo ha amato, se lo ama ancora.
Chissà dov'è ora, a chi starà raccontando che l'inizio della sua storia con quel grande amore comincia con una bomboletta di spray nero e il muro di un parco perfetto per correre in inverno.

Ci fantastico su e poi ricomincio a correre bene, riportando i battiti in alto, lasciando che il fiato si spezzi e che i miei ricordi di amori-che-non spariscano nelle nuvolette di fumo prodotte dal mio respiro.
Sorrido, abbasso gli occhi, saluto i miei ricordi e vado avanti.

1 commento:

  1. Forse sarà la fine dell'anno che porta un po' a grandi viaggi dentro i ricordi.
    Io ieri ho riempito un baule con i miei...

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