21 febbraio 2012

"Il genio tace"

Nella cucina dei miei genitori, bella, luminosa, da cui nelle mattine limpide vedi distintamente tutto l'arco alpino, c'è un grande tavolo intorno al quale anni fa mangiavamo in quattro e ora in due. Nella cucina dei miei genitori la lavastoviglie è entrata da poco, regalo mio e di mio fratello, stanchi di vedere scomparire mamma a metà di ogni pranzo familiare che, con bimbi annessi e connessi, diventava sempre più impegnativo. Nella cucina dei miei genitori ci sono foto di bambine e di Roo, unico maschietto basso della famiglia - poverastella. E poi lì sul muro, ben visibile, una lavagnetta di quelle che ci si scrive sopra con quei pennarelli puzzolenti che li puoi cancellare con una passata di straccio. O di dito. Gli impegni sulla lavagnetta cambiano spesso, i miei genitori non sono persone così tecnologicamente avanzate da poter inserire i promemoria nel telefono, e se anche dovessimo provvedere noi, è facile che al suono del promemoria loro poi vadano a spegnere il forno. Quindi scrivono su questa lavagnetta le cose che hanno da fare, cene, corsi, visite, nipoti da gestire, impegni vari. Dicevo, le scritte sulla lavagnetta cambiano sempre, tutte, tranne una. Si tratta di una frase che mio padre ha scritto per me qualcosa come quindici anni fa, quando lui credeva ancora che quei miei moti coloriti fossero il frutto di un fervore adolescenziale e non di un preciso aspetto caratteriale.
La frase è: "La ragione parla, il torto urla". Quale di queste due parti sarà mai stata riferita a me? Ecco. Che io poi continui a ritenerla discutibile è un altro paio di maniche, ma comunque.
Il problema è che io e mio fratello siamo sempre stati il giorno e la notte. Lui pacato, responsabile, apparentemente adulto da sempre, era la classica persona che una come me detestava avere di fronte: quelli che non si scompongono mai, che qualsiasi cosa dicano la argomentano in lungo e in largo, che hanno il tono da conferenzieri, che non fanno mai una sbavatura, e che quindi dall'alto del loro modo "giusto" possono permettersi di dire immense cazzate, perchè sanno dirle talmente conformi a ciò che l'educazione richiede che sembrano vere per partito preso.
Io.
Ecco io no.
Nel fervore di una discussione io sono quella che alza la voce, il tono, condisce tutto con qualche insulto, sbatte i piedi, volta le spalle, sbaglia. A quel punto, come sempre e ovunque, si passa dalla parte del torto giocoforza. Non c'è niente da fare, è così, se sbagli i modi difficilmente i contenuti verranno tenuti in considerazione. Non ho imparato ancora, ma ho capito. Ho capito tanto tempo fa, che anzichè farsi prendere dalla discussione, con dei modi che non puoi fare a meno di rendere inurbani, è meglio fare un bel sorriso e alzare le mani in segno di resa.
Quindi sotto quella frase "la ragione parla, il torto urla", dopo anni di battaglie perse su forma/contenuto, io ho pensato bene di aggiungere "il genio tace".
A modo mio ho vinto.
Il fatto è che poi ho due figli che sono anch'essi il giorno e la notte. E per quanto io non possa che apprezzare Lee, la sua pacatezza, la sua maturità concentrata in soli sei anni di età, avendo i precedenti che ho non posso fare a meno di ascoltare Roo, che manifesta le sue idee nel modo più sbagliato possibile - pari pari al mio - e nonostante si esprima così, violentemente, io lo sto a sentire. Perchè è carattere, non ci si può fare niente, lui passerà dalla parte del torto sempre per il modo in cui esprime le cose, a prescindere dal fatto che ciò che dica sia corretto o meno. Io lo capisco. Siamo uguali io e lui, ma io ho giusto quegli anni di esperienza in più di dibattiti falliti, e se per il momento mi limito ad ascoltare al netto dei suoi modi, prima o poi verrà il giorno in cui gli spiegherò come deve fare. Perchè ad argomentare in modo pacato non ci riuscirà mai, io ne sono l'esempio. Ma può sempre tacere.
"Il genio tace" è una scuola di vita. Non abbiamo altro modo noi impetuosi per vincere un dibattito.
Perchè imparare la pacatezza, ovviamente, è escluso. Non ci si riesce. Non ce la si fa.
Il silenzio a volte è il più forte degli attacchi. Noi a modo nostro vinciamo così.
Che bel carattere che abbiamo.

3 commenti:

  1. Il silenzio è quando non ti importa argomentare le tue ragioni, perché ne sei talmente convinto che non hai bisogno di persuadere gli altri, e nemmeno te stesso/a.

    Buona giornata, Lara.

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  2. Io sto in silenzio solo quando sono in disaccordo con qualcuno di cui non mi importa niente. Se invece il mio interlocutore è importante, lo amo o lo apprezzo, allora mi batto come un leone. Poi purtroppo, se lo amo davvero tanto tanto, cedo io anche se ha torto lui, pur di fare pace.

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