13 marzo 2012

Grecia

[Prologo] Oggi ero sul treno e dietro di me c'era un gruppo di ginette ventenni che si organizzavano l'estate. "Sardegna, ovviamente. E poi andiamo al Billionaire".
Mi è venuto in mente un altro gruppo di ginette. Un po' diverse, in effetti, sì.


L'appuntamento era piuttosto vago. Il primo agosto al porto di Brindisi. Avevamo già tutte i cellulari, ma eravamo sempre senza un soldo in tasca, quindi centellinavamo chiamate e scrivevamo soprattutto messaggi talmente pieni di abbreviazioni che se non eri del giro era praticamente impossibile capirne il senso.
Ognuna di noi aveva delle "cose da fare" prima, chi esami universitari, chi doveva solo darsi un tono ma di fatto doveva solo aspettare le altre, chi doveva chiudere il lavoretto estivo e farsi pagare, chi aveva flirt da raggiungere in qualche città lontana da Milano, io che tanto per cambiare ero appena stata lasciata da un altro ragazzo avevo scelto un approccio ascetico, andando a trovare la mia insegnante di pianoforte che mi ospitava in una favolosa villa vista mare nel parco del Cilento. Per dire: ascetismo a cinque stelle e con la protezione 30.
Non è che ci fosse un patto preciso, ma l'ultima settimana di luglio la passammo senza comunicare mai tra di noi, ché l'appuntamento era vago, sì, ma chiaro. Solo l'ultimo giorno di luglio ognuna sarebbe uscita dalla sua personale settimana sabbatica per raggiungere le altre sei al porto della città pugliese.
Anche il programma delle vacanze era piuttosto vago: le Cicladi.
Per dire, non è che fossimo proprio le regine della programmazione, ma quando si ha tempo a disposizione, qualche soldo, uno zaino bello pieno e due tende, in fondo quanto contava sapere prima dove saremmo finite? Una valeva l'altra, noi eravamo in sette, i problemi tra sette donne in giro insieme potevano essere catastrofici e non avevano nulla a che vedere con la destinazione o il programma di viaggio.

Considerato quanto eravamo disorganizzate, col senno di poi mi sembra incredibile che riuscimmo a rispettare l'appuntamento. E anche a tornare a casa.

E quindi un porto, sette ragazze con pantaloncini corti, sandali, zaini giganti sulle spalle pieni di vestiti che ovviamente non avremmo mai messo, ma bisognava comunque portarli ché nella vita non si sa mai, una nave che aspettava, "intanto andiamo al Pireo e poi da lì decidiamo bene" - davanti il mare e l'avventura e alle spalle le nostre sicurezze, pronte per tredici ore di traversata e poi chissà.
Io abbracciata alla Xamamina, che avevo già questa cosa di stare male anche quando la nave è attraccata in porto, seguivo le altre nei racconti dell'ultima settimana, e gli sviluppi lavorativi-universitari-amorosi, mentre con la mano sinistra controllavo per le ultime volte il telefono per vedere se per caso quello che mi aveva lasciato non avesse cambiato idea (no, ovviamente).
E poi affacciate al parapetto della nave a salutare, melodrammatiche, mentre la più timida di noi già addocchiava, tra uno sguardo abbassato e una guancia che si colora, chi le avrebbe fatto compagnia per quella vacanza (e per molti anni successivi).
Traversata notturna, ognuna nel suo sacco a pelo, passaggio ponte ovviamente - il più adatto alle nostre tasche squattrinate - a dormire a cielo aperto, in mezzo al mare, con la salsedine che sporcava i capelli e la pelle, ma quante stelle, ma guarda-che-luna-guarda-che-mare, ma cosa stanno facendo quei due là in fondo, dai, davanti a tutti, ma hai mica un biscotto?
Arrivammo al Pireo e scegliemmo la tappa successiva del viaggio seguendo dei ragazzi inglesi - che ovviamente in quel periodo se eri inglese e vagamente carino eri l'uomo perfetto a prescindere - che andavano a Paros.
"E chi siamo noi per non andare a Paros, voglio dire, Paros va vista, no? È interessante, c'è quella cosa, dai, ti ricordi, ora non mi viene il nome, ma insomma non si va alle Cicladi senza vedere Paros, no?". E Paros fu. Quello fu più o meno l'approccio maturo e ragionato con cui scegliemmo tutte le tappe successive: Antiparos, Naxos, Santorini, Ios, Amorgos, Mykonos per poi tornare.
Poco più di tre settimane per fare tutto, i primi giorni eravamo così scalpitanti che non stavamo mai ferme, a bordo di scooter a noleggio, per vedere tutto, per avere tutto, per organizzarci al meglio e non perdere né un minuto di sole né tutto quello che le varie isole potevano offrire. Dopo le prime quattro isole decidemmo che a quella successiva ci saremmo fermate di più a riposare.
Ios.
A riposare.
Certo.
Ios era Rimini ma con il mare bello, sempre la musica alta in sottofondo, sempre qualcosa da ballare, sempre qualcuno con cui parlare, sempre troppe poche ore per dormire. E lì nacquero le storielle, i nuovi flirt, le compagnie che solleticavano l'ego e la pancia in egual misura, stavamo cambiando pelle, ci stavamo rinnovando, ognuna aveva lasciato andare qualcosa, fosse anche solo la speranza di tornare e trovare tutto tutto uguale, e stavamo a guardarci tra di noi con quell'affetto di chi sa che sta vivendo un'avventura straordinaria che difficilmente si ripeterà ancora, così libere, così selvatiche, così finalmente serene al netto di tutto e tutti, solo noi, noi amiche-per-un'estate, abbronzate, belle, protettive, giovani e amiche.

E poco importa se mangiavamo male e quando ce ne ricordavamo.
E poco importa se la tenda "no non la picchettiamo - e se montassimo solo la zanzariera - e se non montassimo neanche quella e la usassimo tipo tappeto - e se invece dormissimo qui in spiaggia?"
E poco importa se "hai finito i soldi, facciamo una colletta e stiamo qui un giorno in più, tutte".

E altre isole, altra acqua azzurra, altro sole, altri scooter da guidare, persone da conoscere.

Non ho più visto tante stelle come in quell'estate.
Non ho più dormito accanto a un piccolo falò in riva al mare che si spegne mentre albeggia.
Non ho più lasciato un ragazzo con il ricordo solo del mio nome e della mia pelle, senza numeri di telefono e contatti futuri di alcun tipo.
Non ho più affittato tetti di case bianche e blu per dormire con trenta gradi notturni.
Non ho più mangiato moussaka.
Non ho più viaggiato con loro.
Non ho più viaggiato con altre amiche così.
Non esistono altre amiche così.
Non esistiamo più neanche noi, ma siamo state quel "noi" per un'estate.
E fu un'estate bellissima.

4 commenti:

  1. Che spettacolo.
    Per me è stata così l'estate della maturità.
    Isola di Palmaria. Un'avventura inaspettata

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  2. hai tirato su della "bella malinconia".

    :)

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  3. Lacrime. Fortuna che De André e la sua Pittima mi hanno tenuto compagnia durante.

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    1. No, ma dai, almeno mettici il nome la prossima volta... Grazie, comunque, tu.

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