5 maggio 2011

1998

Faceva davvero caldo quell'anno. Forse in realtà non più degli altri anni, ma era la fine di luglio, avevamo finito gli esami da qualche giorno e aspettavamo in attesa che un programma decente di estate ci venisse a bussare alla porta.
Poi una sera decidemmo che basta.

- Linda fa caldo, partiamo?
- Stasera alle nove in Centrale, a chi lo dico?
- A Claudia. Stop.

Tre ore dopo, tre ragazze con tre enormi zaini sulla schiena, ognuna con il suo amore sbagliato da cui andare via, se ne stavano con il naso all'insù a guardare il cartellone delle partenze, che era ancora del vecchio tipo con le lettere che giravano, e ogni tanto qualcuna si incastrava, allora Geneve diventava Genove, e ti chiedevi se fosse sbagliata la "o" o la "e" finale, quindi meglio non prenderlo, non si sa mai, che cerchi Bogliasco e finisci in un plastico svizzero.

- Calabria?
- Madò, saranno due giorni di viaggio, non ho voglia. Puglia?
- Magari nei prossimi giorni, non possiamo partire con una tappa più vicina?
- Non la Liguria.
- Livorno?
- E da lì traghetto?
- Traghetto per dove?
- Elba.
- Giglio.
- Capraia.
- Capraia tutta la vita.

E Capraia fu.
Isola meravigliosa e selvaggia, isola che ti potevi godere appieno solo con una barca, e noi ovviamente no. Isola bellissima e scomodissima, senza sabbia, per prendere il sole dovevi picconarti a qualche parete a strapiombo sul mare, mi ricordo soprattutto i lividi, per l'attrito delle rocce contro le ossa.
Isola di grandi silenzi tra noi, in uno strano clima sospeso, ognuna a espiare la sua distanza dall'amore sbagliato, tre giorni in cui a malapena ci salutavamo al mattino, ognuna coi suoi meccanismi di difesa e di attacco, ognuna con le sue ricadute (una "Lo chiamo?" le altre "NO!", ciclicamente, tutte e tre).
Poi una sera la litigata cosmica per una questione da niente, pomodori e mais - i massimi sistemi, ma ormai maceravamo da tempo nella nostra salamoia di ragazze deluse, e alla prima occasione la guerra, le urla, le ritrattazioni, ma tu, ma noi, e invece tu, tutte con gli indici alzati ad accusare le altre, e i "non ci dovevo venire", e poi come tre stronzette patetiche tutte a piangere che "io vi voglio bene, ma quell'amore è proprio sbagliato e fa male", pianto per le successive due ore e la mattina dopo tutto svanito, ma svanito davvero, del genere che ti chiedi se ti sei sognata o cosa di stare con quella persona là, e come hai potuto, e ok, però ora andiamocene, dai.

Quindi traghetto, e treno Livorno-Bologna-Ancona, a raggiungere altri amici, ormai pronte, aperte e ricettive.
Lì fu la vera vacanza.

Grigliate, musica, falò sulla spiaggia (illegali, ovviamente), chitarre, birra, canzoni, complicità, e sigarette, dannazione sigarette, i piedi nudi nella sabbia ormai raffreddata, ad accucciarsi in riva al mare e lanciare sassolini tra le onde, ognuno un desiderio, una promessa, un proposito, e poi pelle e poi baci. Le vacanze di quelle che vedi in ogni dannatissimo film estivo, che ti dici "ma quando succede nella vita reale un'estate così?", un incontro così, una storia così, ecco, può succedere, succede, si tratta solo di crearne le condizioni.

Non l'ho dimenticata, quella vacanza.
Non ho dimenticato neanche Capraia che comunque per me, fino alla prossima volta, sarà sempre associata a quei tre giorni strani di silenzi, di elaborazione, e di espiazione.
Non ho dimenticato neanche loro due, anche se le ho perse.
Le ho perse nonostante la vacanza successiva alle Cicladi e poi Puglia, le ho perse nonostante il Capodanno 2000 a Roma, e tutte le serate, le confessioni, e le lettere scritte a mano, e quaderni interi riempiti di noi, e le parole dette, e le dure verità affrontate per mano, che" fa male ma se sei qui va meglio", come ho potuto perderle se mi sembrava di non poter stare senza?

Devo essere davvero brava nella ristrutturazione cognitiva...
Come mi perdo la gente io, nessuno.

Però non la dimentico.
Mai.

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