15 maggio 2011

Trasparente - (sottotitolo: effetti secondari del ferro da stiro la domenica)

È arrivata l'ennesima bomboniera di un'altra coppia che si sposa. Rapidamente svuotata dai confetti è rimasto solo l'involucro: è una scatolina di plexiglass trasparente, a forma di cubo, lato 6 centimetri, con il coperchio a ribalta. Per un'amante delle scatole come me si tratta di un piccolo gioiellino, che ho messo da parte prima che Lee cominci a vantare pretese di possesso: non se ne parla, è mia.
La guardo, me la rigiro tra le mani, piccolo prezioso cubetto senza colori.
A pensarci bene è completamente inutile una scatola in cui puoi vedere il contenuto. Le scatole servono per raccogliere piccoli grandi segreti, che te ne fai di una cosa che semplicemente ti separa dal suo interno, pur continuando a mostrartelo?
Ecco.
Io non ho ancora capito bene se sto dentro o fuori da quella scatola in vetro che racchiude la mia vita. Forse in uno strano equilibrio isterico tra interno e esterno.
Ogni tanto ho la sensazione di essere fuori, e di non riuscire a prendere e a toccare tutto quello che vi si trova dentro, pur vedendolo chiaramente, pur desiderandolo. Ci sono cose che se ne stanno lì, davanti ai miei occhi, apparentemente accessibili, e invece no, c'è un vetro, del plexiglass, una superficie trasparente su cui sbatto la faccia ogni volta che credo di poterne fare parte.
Altre volte invece ci sono dentro io. E tutto il mondo che sta li a guardarmi, e io vorrei nascondermi e invece niente, "non c'è neanche un angolo in cui tenerci il cuore e il mio territorio di libertà" (cit.) dove ti nascondi quando tutto è così trasparente? Non puoi, non riesci, anche se ne avresti bisogno.


...
Ok.
...
Avete letto?
Sapete come si chiama 'sta cosa?
È una malattia, io ce l'ho in forma acuta: la domenichite.
Grave ma breve.

(E domani avrò la lunedite, macheccentra).

Nessun commento:

Posta un commento