7 giugno 2011

Di genio, ambizioni e fortuna

Il film è Amadeus di Milos Forman. Capolavoro, a parte i nomi americanizzati che non avevano alcun senso, ma poca roba.
E niente, c'è questa scena in cui Salieri  compone una marcetta di benvenuto per l'arrivo di Mozart alla corte dell'imperatore, al solo scopo di far colpo su quest'ultimo. Ci riesce dopo svariati tentativi e ancor più "sudate carte", e quando finalmente gli sembra di aver cavato fuori qualcosa di buono, si rivolge al Signore (a cui ha dedicato opera, vita e castità) e lo ringrazia dopo un sospiro liberatorio e con gli occhi quasi commossi, "grazie Signore", ma anche con la sicurezza di chi ritiene che sia semplicemente giusto che il Signore sia dalla sua, voglio dire, con tutto quello che ha immolato sul suo altare...
In realtà la marcetta è piuttosto banale e oltretutto violentata dalle scarse doti musicali dell'imperatore che la suona al posto suo, e si vede che Salieri pensa "lo possino, 'sto deficiente", ma è l'imperatore quindi zitto e mosca. Arriva Mozart e dopo un breve scambio di battute si siede al clavicembalo per suonare a memoria la marcetta a lui dedicata, nello stupore generale, "ma come!? dopo un solo ascolto?", "ci sarà un motivo se questo film è dedicato a me e non a voi, no?".
Ma non si limita a questo, no, sarebbe troppo facile e troppo poco umiliante per Salieri. Riprende la marcetta in alcuni punti deboli e trasforma questa cosa banale e ritrita in quella che diventerà l'aria "Non più avrai" de Le Nozze di Figaro, con tutto il suo brio, i suoi fuochi d'artificio, e le variazioni che non ti aspetti.
Stacco - scena successiva. Salieri in camera sua che si rivolge al Signore, stavolta con sarcasmo e ribadisce "grazie Signore" (laddove avrebbe volentieri tirato giù due santi).

"D'ora in poi noi saremo nemici, Tu ed io. Perché Tu hai scelto quale tuo strumento un vanaglorioso,  libidinoso, sconcio, infantile ragazzo, e a me hai donato soltanto la capacità di riconoscere la tua incarnazione". (Salieri, rivolgendosi a Dio, che gli ha preferito Mozart)

Salieri era antipatico, vanesio, egocentrico, ambizioso e quel che è peggio scarsamente dotato.
Però io per lui provo una gran tenerezza. Che ci vuole una gran nobiltà d'animo per applaudire il successo altrui, che avviene magari senza fatica, in modo naturale, per nascita, per destino, proprio in quella cosa in cui vorremmo tanto essere noi sul gradino più alto del podio.
A volte avviene proprio per talento, e allora che fai? Lo ammetti di non averne altrettanto, e ti chiedi perchè, e ti dici che magari puoi migliorare, e che ti impegnerai per riuscirci, ma nel frattempo sei capace di applaudire? Oh, io ci provo ma non è che mi riesca sempre. Dipende da cosa riesco a mettere sull'altro piatto della bilancia, per ridipingere la mia vita coi colori giusti a prescindere dalla mancanza di quella cosa lì, di quel talento lì. Ristrutturazione cognitiva, che in certi momenti fa tanto "la volpe e l'uva", certo.

Il destino, il fato, la fortuna o la sfortuna, chiamiamole come vogliamo, sono le vere botte di vita.
Che qualcuno ottenga quello che vuoi per una di queste cose, ecco, questa è davvero la cosa difficile da superare, da applaudire, da ammirare, perchè non c'è alcun merito ma solo culo, contingenze astrali, strade e tempi giusti.
E lì non c'è lavoro che tenga, non c'è un metodo, un sacrificio, una qualunque cosa che si possa realmente fare perchè le cose cambino. È il destino che ci ha messo del suo, e tu puoi solo chiamarla "sfortuna".
E certi giorni la riesci ad affrontare e altri giorni hai bisogno di un sacco da boxe da picchiare duro, per buttare fuori rabbia e frustrazione, ma sempre di destino-fato-fortuna-sfortuna si tratta, e quindi niente, non si supera.

Certi giorni ci vuole una grande levatura morale per riuscire ad applaudire il successo altrui.
Ecco, io non ci riesco sempre.
Io certi giorni sono proprio Salieri.

Fortunatamente altre volte sono decisamente Mozart.
Ma del resto, chi non.

4 commenti:

  1. Assolutamente d'accordo. Per anni mi sono ostinato a inseguire sulla chitarre movimenti per cui non ho mai avuto il talento.

    Ma bisogna saper accettare, rassegnarsi, e magari pensare che non me l'ha mica detto il dottore di diventare Yngwie J. Malmsteen. Anche perché Yngwie ci si nasce.

    E vallo a far capire (più che a chi ti osserva e giudica) a te stesso, a quella vocina interiore che ti dice "Non sei abbastanza bravo, non ti impegni, sei indietro". Se riesci a zittirla o, meglio ancora, farle dire: "Non sei mica male, sai?" allora sei a buon punto.

    Soprattutto se lasci perdere il voler diventare qualcun altro e accetti di essere te stesso. Scopri il tuo "nome segreto", quello che il tuo DNA ti permette di fare. E impari a godertelo.

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  2. Quello che devasta noi donne, e nonostante tutto continuiamo ad essere maestre in questo, è il confronto con gli altri. Forse è questa la differenza sostanziale tra chi prima o poi impara a viversela e chi non.

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  3. Non sono sicurissimo che sia un problema esclusivamente femminile.

    Forse in quel caso subentra una sorta di vocina interna maschilista? Tipo "Sei donna, quindi devi *dimostrare* che vali"?

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  4. Non credo che c'entri quello, anche perchè il confronto con l'esterno non esclude le altre donne, anzi. è proprio quel senso di "erba del vicino" che non possiamo fare a meno di guardare e poi ci rimaniamo male perchè è più verde della nostra. Molto maturo, devo dire... :D

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