10 luglio 2011

Lettere dal fronte (del porto)

Credo di essere nel posto con la più bassa densità di congiuntivi e condizionali usati in modo corretto dell'universomondo.
Oggi, approfittando dell'entusiastica disponibilità di Lui, che li ha impegnati per mezz'ora nella costruzione di un'improbabile architettura futuristica sul bagnasciuga (ma un castello come fanno tutti, no? no) mi sono sdraiata al sole, occhi chiusi, e mi sono immersa in quel circo a cielo aperto che è il microcosmo della spiaggia.

Il fuoco incrociato delle varie conversazioni è qualcosa di delizioso.
- Matteo, non sudare!
- E perchè?
- Perchè c'era una nutria.
- Ma dove l'hai vista, Marisa?
- In processione con il santo, ieri sera.
- E beve ancora tanto?
- Naaa, adesso mette la protezione 10!
- Giuuuuuuuuuuuuuuuuuuuliaaaaaaaaaaaaaaa, vieni qui che è sgonfiooooo!!
- ...a dieta da sei mesi.
- Eh, non si vede.
- Togliti il pezzo di sopra, dai.
- Non posso, ho la gastroenterite.
- È troppo grosso, non entra.
- Con un po' di crema va meglio.

Cose così.

I tipi da spiaggia.
Sono caratteristici, sono sempre gli stessi e si trovano su tutte le spiagge italiane.

Nella fattispecie.

I pontificatori. Loro non parlano, tengono comizi. "E quanto è bravo Berlusconi", e il calcio, il motomondiale, la pesca d'altura, lo scopone scientifico, anche il puntocroce, di sicuro come lo fanno loro nessuno mai, il tutto declamato ad un volume da tromba da stadio, che niente, non puoi che sorbirti la loro lezione. O accendere l'iPod, ovvio.

Le mamme italiche. In un modo o nell'altro ci si finisce sempre in questa categoria. Sono quelle che gridano il nome dei loro figli infilando una sequela di vocali prolungate, che puliscono la faccia incrostata dei loro pargoli con una passata di dito imbevuto di saliva, che si scucciolano un bimbo sull'asciugamano, che hanno teglie di pasta con le melanzane per un sano spuntino di metà mattina; sono quelle che ballano wakawaka senza vergogna anche laddove un po' ce ne vorrebbe, quelle che giocano a Uno e vogliono vincere a tutti i costi, quelle che stanno sempre con lo spray Protezione Mille a portata di mano, armate, quelle che vogliono giocare a pallavolo e poi si giocano una caviglia, quelle che poi ritrovi anche al parchetto più agguerrite che mai.

I neopapà. Camminano con un moto perpetuo sul bagnasciuga con in braccio questi frugoletti di quattro chili scarsi, avanti e indietro per ore, perchè i piccolini dormono solo se cullati dal rumore del mare e solo ed unicamente se si cammina. Appena si fermano, "'nghè", eccoli lì che si ridestano arzilli e quindi via per nuovi chilometri in solitaria, incrociando altri papà camminatori stravolti come loro. "Ma il tuo dorme la notte?" "Non più di mezz'ora di fila". Le mamme sono spiaggiate qualche metro più su, a pelle d'orso, a recuperare il sonno perso, appunto. E io li guardo e sorrido, non solo perchè anche noi eravamo così, identici, ed incredibilmente ne siamo venuti fuori, ma anche per la consapevolezza che da quella fase non ci ripasseremo mai più, e per la prima volta in vita mia lo dico senza alcun tentennamento o nostalgia, anzi, godissimo.

Le cinquantenni wannabe. Hanno bikini da ventenne e uno chignon di pelle tirata dietro la nuca, sono imbottite di botox, e fumano sigarette sottilissime, dietro occhiali giganti. Intanto verificano il grado di apprezzamento dei signori tutti intorno. Praticamente io tra qualche anno.

I vitelloni. Vanno dai 30 ai 60 anni, ma l'approccio è sempre quello. Ce ne sono sempre. Ce ne sono tanti.

Gli sportivi. Quelli che quando hanno finito di correre sul bagnasciuga, giocano a racchettoni, poi ti abbattono il figlio con una pallonata, ti decapitano la figlia col frisbee, e poi si tuffano in acqua facendo un gran botto proprio mentre tu sei lì che entri piano piano, a dosare ogni goccia che ti raffredda la pelle con una precisione da alchimista. Niente, ti ritrovi completamente infradiciata e con l'insulto a fior di labbra, ma poi vedi la loro tartaruga addominale e "cos'è che gli volevo dire?".

Le bimbette wannabe. Hanno parei attillati, microbikini vuoti e zoccoletti con il tacco. E hanno nove anni, ovvio. Lee le guarda in adorazione, e prova a formulare una richiesta che viene bloccata sul nascere. "Te li scordi, i tacchi. Ne riparliamo a sedici anni forse, ma a quel punto sarai tu a non volerli più". "Ma la sua mamma glieli ha comprati". "E la tua invece no, pensa che sfortuna". Fine del discorso.

Le famiglie nordiche. Hanno minimo tre figli, tutti di quel biondo quasi bianco che è quasi offensivo per chi in adolescenza si è ammazzata di crystal soleil. Ecco, io propongo uno stage in Danimarca, o diosadadovevengonoquesti, per tutti i futuri genitori. Titolo del corso "come ti gestisco con aplombe una famiglia numerosa". Non li senti mai. Non gridano. Hanno quell'aria rilassata di chi si gode la vita con quattro figli al seguito. Come diavolo fanno? E soprattutto come diavolo fanno a resistere in Italia? Sordità, non c'è altra spiegazione.

Le coppiette. Quelle che puccizzano anche in piena bimbolandia, salvo poi dover prendere il sole a pancia in giù per il successivo quarto d'ora. Roo adora le coppiette. Si avvicina, li ascolta, e poi torna da me dicendomi con lo stesso tono "amooore, ti amo tanto".

Il gruppo di ginette che arriva la mattina presto, si rifiuta categoricamente di mettere qualsiasi forma di protezione solare, passa la giornata in spiaggia, e le ritrovi nel tardo pomeriggio letteralmente cotte-ustionate, con la febbre che sta già cominciando a salire. Io ero così. La sto pagando con gli interessi, ora, bestfriendforevah di ogni forma di eritema solare.

Ma il premio spiaggia 2011 lo vince lei, il mio idolo.
Io e Lui l'avevamo già incrociata anni fa. Quel pomeriggio ce ne stavamo a polleggiare al sole su una di quelle piattaforme galleggianti che vengono ancorate in mezzo al mare, a 50 metri dalla spiaggia. All'improvviso arrivò questo gruppetto di tredicenni, tre maschi, gnappetti in fase di cambio di voce, e due femmine. La prima delle due già molto carina, mediterranea, con i fianchi pronunciati e delle tette enormi. La seconda secca secca, acerba, lunga, piatta come una panca, occhi verdi, una bocca stupenda in cui però regnava sovrano un apparecchio fisso.
Ovviamente i tre facevano a gara per attirare le attenzioni della prima, in quel modo fatto di doppi sensi poco riusciti, pugni, spinte e tuffi di testa, tipico del galletto tredicenne. Lei ci soffriva un po', poverastella, e ce la metteva tutta per attirare l'attenzione, ma con poco successo. Quanto fa una tetta a tredici anni, poco altro, eh. Lui provò a dirglielo: "Ragazzi, non avete davvero capito niente, io ve lo dico. Ne riparliamo tra qualche anno".
Ed eccola lì.
Nessun apparecchio, la bocca è ufficialmente un capolavoro, gambe lunghissime, fianchi stretti, tette, una meraviglia.
Quei tre gnappetti sono cresciuti e stanno ancora lì, ovviamente c'è anche l'amica mediterranea, tanto precoce nello sviluppo quanto nell'imboccare il viale del tramonto, e ora sono tutti presi da questa cosa che è sbocciata sotto i loro occhi "e chi l'avrebbe mai detto".
E lei, con mio sommo godimento, non se li fila di pezza.
Sono soddisfazioni.
Il cigno, gli anatroccoli, quelle cose lì.

C'è tutto un mondo in costume da bagno.

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