26 novembre 2011

Roma #3 - Loro, noi, io

Da questo viaggio a Roma mi porterò a casa come sempre mille cose. Ne voglio conservare tre, qui, come souvenir di un viaggio che voglio ricordare.

Loro: il rumore dello stupore
I bimbi non aspettano altro che qualcuno racconti loro una storia. E di storie legate alle opere d’arte, siano esse architettura, scultura, pittura o musica, ce ne sono mille. E allora si mettono lì buoni e ascoltano.
La storia della facciata del Borromini in Piazza Navona.
La Paolina Borghese del Canova che “quel lenzuolo è di marmo davvero” e Apollo e Dafne e tutto il museo di Villa Borghese.
La storia del cavallo del Vittoriano e la cena all’interno della sua pancia cava.
E li vedi sgranare gli occhi per la magia del colonnato di Bernini a San Pietro, e ti ricordi il tuo stesso stupore bambino di fronte a quel colpo al cuore, la prima volta che vedi sparire quattro file di colonne in una sola da quel punto preciso della piazza.
E ti stupisci con loro. Di nuovo.
Lo stupore ha quel rumore specifico, quello di un respiro breve e forte, che aspiri l’aria, che non ci puoi credere e cerchi di trattenere un’ultima volta l’emozione, mentre gli occhi si aprono sempre di più, ecco quel rumore lì.
Ti puoi dire giovane finché sei in grado di riprodurre genuinamente quel rumore lì.

Noi: Lara Coeli
125 gradini più in alto. Seduti lassù. Un’altra volta. La città, gialla, metri e metri più in basso. Ciao tu. Sono giorni che tra me e lui c’è sempre l’obiettivo della sua macchina fotografica. Mi mostra una foto.
Io. Sfondo di cielo bianco. Sorrido e non guardo. La mano destra, delicata, nel gesto abituale di spostare dietro l’orecchio una ciocca di capelli che non è più lunga da tempo. La mia espressione tipica, una ruga verticale tra le sopracciglia, strafottente, pensosa, felice.
- È bellissma questa foto, ma come fai?
- È perché io ti vedo così. Sempre.
Io scrivo. Lui fa foto. Ecco, vorrei scriverlo come Lui sa fotografarmi.
Ma non sarebbe questa la sede.

Io: cerchio
Nelle partenze verso casa c’è sempre un che di crepuscolare. Mi è rimasta attaccata la sensazione di chiusura di un ciclo che avevo inaugurato a Roma a metà marzo. Una fase, un cerchio perfetto. L’ansia di non capire se esserne contenta o nostalgica. Il non sapere se un cerchio che si chiude sia una cosa che ho acquisito o che ho perso. La paura di lasciare indietro qualcosa di cui prima o poi avrò nostalgia.
La sensazione di essere immensamente uguale e immensamente diversa dal momento prima di partire.
“Felice per sempre. Per sempre un po’ scomoda”.


Dai, ormai lo sapete, l’avete riconosciuta tutti. Bravi, sì, lei.

4 commenti:

  1. Che spettacolo dev'essere stata la vostra gita.
    E' una vita ce non faccio un giro a Roma... dovrei pensarci.
    Intanto, bentornata.
    Ci mancavi.

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  2. "È perché io ti vedo così. Sempre."

    Spettacolo.

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  3. Ora io voglio sapere perchè a te la SPM fa scrivere queste cose e io invece mi dondolo piangendo al buio come una ragazza interrotta.

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  4. Tu sei più giovane. Io evidentemente sono in pre-menopausa, sarà quello. Comunque dondolo anch'io, tanto. Quando arriviamo ai microtaglietti, sentiamoci.

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