25 gennaio 2012

Lara è uscita dal gruppo (ma soprattutto ne è mai entrata?)

Sono sempre a margine di qualcosa.
Non "marginale" e neanche "ai margini" ma è come se avessi la sensazione di non essere mai "dentro".
Così, da sempre.
Quando studiavo pianoforte io ero comunque altrove. Sapevo che era importante, sapevo che ci stavo investendo, ma non ne ero dentro come poteva esserci un qualsiasi allievo del conservatorio. Era solo un aspetto della mia vita, importante, creativo, pulsante, vitale, ma comunque solo uno dei tanti. E io guardavo quelli del conservatorio che della musica avevano fatto il centro della loro esistenza con l'invidia di chi sa che non saprà mai prendere una posizione simile nei confronti di niente.
Ogni cosa che facevo, e le cose erano tante, diventava l'alibi per non investire tutto nelle altre. Tutte-reciprocamente-verso-tutte.
Bello avere tante opzioni, tanti piccoli talenti, ma forse sarebbe meglio averne uno e su quello puntare all'eccellenza. Io no. Discreta, mediocre, approssimativa in mille cose, tutte che mi riuscivano "benino", un genio in nulla. Incapace di sceglierne una e lavorarci davvero sopra per renderla unica.
Sembravo sempre in compagnia, toccavo mille ambienti diversi, apparentemente inserita in ognuno di essi, ma di fatto - e solo io lo sapevo - ero lì davanti, mai dentro. Come all'Ikea: vedi tutti quegli ambienti meravigliosi, e ci entri, e tocchi le cose, e ti ci accomodi pure, ma sempre con la sensazione di non esserne davvero parte, di essere un elemento in movimento rispetto a quella perfezione che continuerà ad esistere a prescindere da te.

Chiunque lavori su qualcosa di cui è appassionato ha la sensazione che tutto sia racchiuso in quel contesto. Vedo Lui con le sue moto, vedo i miei colleghi con la grafica, ricordo quando lavoravo in pubblicità, o negli eventi: in quelle dieci ore passate in ufficio mi sembrava che il mondo iniziasse e finisse con i problemi di shooting, sviluppo, telecinema, consegne, allestimenti, service tecnici e regia.
Poi andavo a casa, ma con la testa stavo sempre lì, a pensare ai dettagli trascurati, a quello che avevo lasciato indietro, a ciò che avrei dovuto fare l'indomani e questo mi dava la conferma di quello che già vivevo in ufficio: tutto girava intorno a quello. Che è un "quello" mobile e varia da persona a persona, da lavoro a lavoro.
Però.
Anche in quel caso, io ero a margine. Non perchè non mi impegnassi, anzi, ma è come se facendo un po' la sostenuta, non volessi farmi prendere dentro del tutto, come se lo sposare la causa in toto mi togliesse parte di me, della mia capacità critica, del mio sguardo trasversale.
L'impegno c'era sempre ma io tenevo una posizione esterna, sollevata, che non significa "superiore" sia chiaro, semplicemente facevo in modo che il contatto tra me e il resto non fosse totale. "Non mi avrete mai del tutto", pensavo, non senza una certa presuntuosa vanteria.
Poi ho avuto i bimbi. E quello sì che è un ruolo totalizzante, almeno nel rapporto esclusivo ed escludente che ho creato con loro. Ma poi mi confronto con la società del mondobimbo e mi rendo conto che anche in quel caso io non ne sono dentro, non del tutto. Mantengo il solito distacco, chiedendomi di continuo se loro ne pagheranno mai le conseguenze.
Faccio un lavoro che potrei fare dove faccio o in altri cento posti diversi, che non è il genere di lavoro a cui una possa "appassionarsi". Lo faccio in un contesto bello pieno di gente ancor più bella, che però fa tutt'altra cosa, e il risultato di questo è che io non sono completamente integrata. Perchè non faccio quel che fanno loro. Perchè non posso capire ciò che sta alla base del loro mestiere. Perchè quello che ovviamente per loro è la centralità dell'esistenza, io da sola lo vedo come un semplice aspetto della stessa.
Esattamente come Lui e le sue moto che quando ne parla sembra che tutto il mondo giri intorno alle due ruote.
"Chi è causa del suo mal pianga se stesso", chiaramente, il mio ruzzolare qua e là è stata a suo modo una scelta di campo.
Solo che ogni tanto mi sento un po' sola.
E sOla, certo.

Vorrei tanto essere "dentro". Ecco, questa cosa vorrei.

10 commenti:

  1. Credo di capirti. Anch'io mi sono sempre sentita ai margini. In tutto ciò che ho fatto, e in tutte le relazioni in cui mi sia mai trovata. E anche io ora, come madre, mi sento comunque solo una parte del grande cammino di mia figlia e così diversa da tutte le altre mamme. A volte questo essere ai margini mi fa soffrire tanto. Altre volte cerco di tramutarlo in un vantaggio per me. A mio modo, ho trovato la fotografia e a volte, per qualche minuto, mentre guardo nel mirino, mi ci sento "dentro". A volte, la sera, quando abbraccio mia figlia e la guardo nei suoi bellissimi occhi blu, mi ci sento "dentro". Spero un giorno di ritrovarmi "dentro" agli occhi di un uomo che rispetto e amo, e soprattutto spero un giorno di ritrovarmi "dentro" agli occhi di colei che vedo allo specchio. In qualche modo. Bellissimo post. Bellissimo blog.

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    1. "soprattutto spero un giorno di ritrovarmi "dentro" agli occhi di colei che vedo allo specchio". grazie. bellissimo.

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  2. Anche io mi sono spesso sentito "fuori" ma per tutt'altri motivi. Ho cambiato città molte volte e non mi sono mai sentito uno del luogo, che conosce i nomi di tutti e le scuole che hanno frequentato e tutte le cavolate che hanno combinato all'asilo e alle elementari, e i posti e come ci si arriva tagliando tra le casette e le viuzze che puoi percorrere solo a piedi, solo se hai marinato la scuola, solo se ti ci ha portato prima un padre che viveva già lì e ha fatto tutte quelle cose prima di te e ti sta solo passando il testimone.

    Invece no.

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    1. Ecco. Non so cosa dire. Sai la frase "e ti senti ad una festa per cui non hai l'invito, per cui gli inviti adesso falli tu"? Ecco, giocoforza, a volte si trova il modo di invertire il senso del dentro e del fuori. Pur di sentirsi parte di qualcosa. Per pura sopravvivenza. Un abbraccio.

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    2. Verissimo. Un abbraccio anche a te.

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  3. hai espresso benissimo quello che penso di me da anni, ormai! purtroppo questo "non buttarmici dentro fino in fondo" è stato indice di alto tasso di presunzione. perchè sputare sangue su qualcosa quando comunque, mediamente, tutto mi veniva bene? chi me lo faceva fare? ed invece, forse, anzi sicuramente, oggi sarei stata un'altra.

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  4. Io sono sempre stata a margine con un certo atteggiamento verso il mondo che volevo conoscere.
    Non a caso i miei amici mi definivano spesso "borderline" perché ero quella che ogni tanto sentiva il bisogno di allontanarsi, fare cose, vedere il mondo, vedere gente.
    Cercavo qualcosa al di fuori del gruppo pur amando quel gruppo con tutta me stessa.

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  5. "Dici che mi si nota di più se non vengo, oppure se vengo e me ne sto in disparte?"

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  6. No davvero, non sto da parte per farmi notare. Si è capito che, ehm, sì, cioè, insomma, c'è del disagio? che poi a 16 anni ne fai una tragedia e alla mia età puoi liquidarlo con un'alzata di spalle è un altro paio di maniche, ma sempre di inquietudine si tratta.

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    1. 16 anni è forse l'età più critica dell'universo.

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