24 marzo 2012

Amiche

Le mie amiche.
Quelle storiche, quelle maiuscole, quelle che ci sono sempre state, in sottofondo rispetto a tutte le altre che andavano e venivano. Si potrebbe scrivere un libro sulle mie amiche. Ma in fondo tutti abbiamo un po' questa sensazione di aver fatto un pezzo di strada con persone talmente speciali, da non crederci che per una volta il culo di incontrale, quelle persone speciali lì, sia toccato proprio a noi.

Come si fa a spiegare come sono le persone, le amiche?
Le amiche sono giorni, sono episodi, sono momenti di cuore impazzito, sono mani nelle mani, lacrime, risate, scatole di kleenex e film-piangerò.
Le amiche sono quelle capaci di dirmi le cose dolorose che non volevo sentire al solo scopo di farmi andare avanti, che mi facevano scontrare con evidenze che non sapevo ammettere, che alzavano il sopracciglio all'ennesimo ragazzo improbabile con cui mi accompagnavo, che mi compravano gli spartiti dei Queen che "diventerò una cantante"- ma certo.

Le amiche, quelle con cui riempivo i pomeriggi di libri di sociologia, ciobar e biscotti, quelle con cui iniziavo l'ennesima dieta per poi finire da McDonalds "ricominciamo lunedì, dai", con cui programmavo le vacanze - il weekend - lavitachesognavodabambina, quelle che mi hanno vista ridere di pancia e piangere disperata - a volte per lo stesso motivo, quelle che mi regalavano la penna stilografica con l'inchiostro azzurro che "dovrò firmare le copie del mio libro"- ma certo.

Le amiche sono quelle con cui ho ballato, e abbiamo ballato veramente tanto, ballato per gioia, per festeggiare, perché ballare-siamo-noi, per disperazione, per dimenticare, per "no, tu stasera esci, molla il barattolinosammontana che andiamo al Rolling Stone".
Quelle con cui se parte la canzone giusta è un attimo che abbiamo ancora vent'anni, quelle che venivano ai miei saggi di pianoforte e io ai loro di danza, quelle che mi facevano da alibi e copertura per situazioni che ciao, quelle che mi compravano i colori a olio nella fase "sarò una grande artista astratta" - ma certo.

Le amiche, con cui consumi tutti i sms disponibili di fronte all'ultimo programma di trash televisivo o quelle capaci di mandare messaggi che non stanno né in cielo né in terra per contenuto-tempismo-logica-destinatario, che incassano i miei sfoghi facendomi da punchingball-da carezza-da spintone-da "dove ti è finito il cervello?", che ti fanno ammettere cose che neanche a te stessa per poi finire a parlare di smalti e borse, quelle che "e se mi dessi alla scultura?" "adesso basta, Lara".
Sono quelle con le quali di fronte ad una birretta si fa involontariamente a gara a chi parla di più, quelle che sento al telefono nei lunghi viaggi in auto da sola, quelle che mi facevano l'occhiolino, commosso, lungo la navata che ho percorso in bianco, quelle che c'erano a guardarmi con la pancia abitata ché diventavo mamma.
E poi quelle con cui ho lavorato e mi hanno dato rigirate e carezze in egual misura a seconda dei momenti, quelle capaci di incoraggiarmi per il mio solito sogno nel cassetto (anch'io con il loro), quelle che sono così smaccatamente parziali che alla fine ti trovi a difendere chi fino ad un minuto prima stavi insultando perché la loro furia nell'attaccare chi ti ha ferito è implacabile ai limiti dell'imbarazzante.
Quelle che mi hanno vista diventare grande, sapendo che da qualche parte dentro sono sempre quell'irrequieta del cazzo "che sa sempre cosa non vuole e mai cosa vuole" e quelle che ho conosciuto nel modo meno ortodosso e sono diventate comunque dei capisaldi.

Le ho viste anch'io diventare grandi, crescere, sposarsi, fare figli - non volere figli - non poter avere figli, investire su carriere stellari, su se stesse con progetti funambolici, le ho viste prendere case-mariti-scarpecoltacco12, assumere tutti i colori cangianti che esistono al mondo e alcune le ho viste andare lontano ma diograzie ci sono le nuove tecnologie.
E ci parliamo, ci lamentiamo, e "signora mia", e continuiamo a ridere tanto, di gusto, innanzitutto di noi, dello scarto tra quello che sognavamo di diventare e quello che siamo, perché è un risultato che comunque ci piace per quanto diverso, e quindi sì, ci si può ridere su, lamentarci, parlare e "signora mia".
Non ci vediamo spesso, io e le mie amiche, tutte trafelate con la vita che esplode di cose da fare, e cosa vuoi farci, si rimanda, si procrastina, ci si sente "sì dai vediamoci presto, ma sole, io e te", ma poi alla fine niente, quello basso si ammala, quello alto parte e tante serate programmate finiscono in un niente di fatto.
Eppure io ce le ho presente tutte, loro che c'erano, che ci sono, che ci saranno sempre nelle forme diverse che le nostre vite reciprocamente ci permetteranno, ma comunque vicine-vicine-vicine-vicine...
Le adoro, le mie amiche, sì.

5 commenti:

  1. Se questo testo fosse cartaceo, sottolinerei "quelle che mi facevano l'occhiolino, commosso, lungo la navata che ho percorso in bianco"

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  2. Ecco sono commossa. La vera fortuna in realtà Lara è avere TE come amica.
    S.

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    1. come ci prende a noi la spm, a nessuno mai, eh. non ti riconosco, neanche uno straccio di cazziatone sulla corsa, aripijate! :)

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    2. no no, quello che ti ho detto sulla corsa resta tutto. e in più, diciamolo, hai ancora meno tette (non che prima...). però sei tu, e tu sei così tu che quando ti penso non posso che pensare tu. S

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    3. forse devo rivedere questo post in alcuni punti...

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