12 aprile 2012

Maledetta primavera

Accidenti alla primavera, alla sensualità che spinge forte sugli ossicini e sulla pelle per poter uscire, alla testa che si perde sulle nuvole e ai sogni fatti con colori forti - nessun acquarello da queste parti, colori a olio, primari, poco bianco, colori pieni, noi.
Accidenti alla primavera al mio equilibrio precario su una fila di "quindi?", alla voglia di gridare per poter colorare tutto più forte, alla voce che mi manca o che non so usare bene, e allora canto perché non so parlare, e canto le canzoni che sai anche tu.
Accidenti alla primavera alla voglia di sentirti parlare di me, di sentire come mi inventi, come mi dipingi, come mi colori, come mi scrivi con parole che non si possono dire. È che mi piace così tanto, così-tanto, la sostanza che mi danno le tue parole-di-me, che vorrei solo appoggiarti la testa sulle ginocchia, ascoltare la tua voce e prendere forma.
Accidenti alla primavera alla mia voglia di parlare di te, di ricamarti di parole, di dipingerti di colori, di ricalcarti i bordi, come un dito che segue il corso delle tue vene, e i contorni della tua pelle, ché la pelle è bella perché è quel punto dove finisci tu e comincio io, e a volte è mischiata e i bordi si confondono, e ci si mescola, e allora bisogna premere forte sui bordi per ritrovarsi due, uno, insieme, divisi, quello che vuoi, è un caos immenso, ma un caos bellissimo.
Accidenti alla primavera, al nostro gioco del "facciamo che", ai lenti da ballare, alle lune da guardare, alle birrette gelate, alle parole che inventiamo, che le parole in fondo per noi sono sempre state come i colori, ce n'è un numero infinito, basta saperle mescolare, come ingredienti di una ricetta in cui il risultato è un libro - pieno, folle, lungo, ricco - di io e te.
Accidenti alla primavera, a tutto questo fiorire di colori, al caldo sulla pelle, alla voglia di scoprirsi, di sentirsi vicini, di ascoltare il rumore che fa - perché è un suono preciso - la carezza di una mano sulle spalle.
Accidenti alla primavera, alla voglia che ho di morderti e di mangiarti, che non mi basta vederti, respirarti, toccarti, viverti, vorrei mangiarti proprio, golosa, vorace, di te.
È la primavera, eh, nient'altro. 
Certo.