11 marzo 2011

Dimenticare Coppola

Io ho un problema irrisolto con i miei capelli. Da sempre.
Avete presente quei bei capelli lisci che sei sempre pettinata, che come vieni fuori dalla doccia dai due colpi di asciugamano, e poi esci così, che tanto si asciugano da soli?
Ecco. Tutta un'altra cosa.
Io non so a cosa sia dovuto (sfiga?) che certe abbiano i capelli dritti (stronze) e altre ricci, io però sto esattamente in mezzo a questi due poli, con l'aggravante del crespo: due gocce di umidità ed è subito Macy Gray.

La lanetta.
Quegli odiosi ricciolini di capelli che ti arruffano le tempie, e ti danno sempre quell'aria di massaia a cui si rompono le buste della spesa in mezzo al mercato.
Ci combatto da una vita.
Stirature con phon, acido, piastra, il risultato è sempre vorrei-ma-non-posso, con quella sensazione di precarietà tipica delle cose innaturali.

Il colore.
Dopo quella volta traumatica in cui io e il mio parrucchiere di allora abbiamo avuto uno scambio di vedute su cosa si intenda per tono su tono (per me un riflesso, per lui arancione su castano), ho optato definitivamente per la testa monocromatica.

I tagli.
Ovviamente li ho provati tutti, il lungo, il corto (il pacioccone?), il medio, l'asimmetrico, il conformista, il petardo, il "le dita nella presa della 220V". Niente da fare.
Con l'aggiunta che trovare al giorno d'oggi un parrucchiere che sappia davvero fare il suo lavoro non è certo semplice. I saloni, elegantissimi, da rivista, tutti bianchi specchi e wengè con punte di smalto rosso sapientemente dosate qui e là, sono pieni di questi ragazzini sempre uguali ovunque, magri, efebici, wannabe brit-pop, con la cresta lunga, un taglio improbabile, e dei ciuffi di colore che non fanno presagire nulla di buono. Quando parlano di te lo fanno come se fossi una cosa loro: "E niente, per questi capelli, sai che fai? Me li lavi, mi metti un balsamo, me li asciughi, e poi due gocce d'olio e via".
Non tagliano con le forbici (antica, io, che penso ancora che si usino quelle), ma con quella specie di rasoietto per sfilare il taglio e togliere volume, oppure con delle forbici che farebbero la felicità di Lee, che hanno la lama a zig zag, con doppia curva e triplo toe-loop.
Ecco bisogna stare attenti ad usare quegli attrezzi sulla mia testa, la cui situazione è aggravata anche da qualche "rosa" qui e là - non ci si fa mancare niente da 'ste parti.
Se mi tagliano i capelli con quelle robe lì, io esco che sto benissimo poi la prima volta che li lavo da sola sembro un fungo atomico. Crespo.
Capelli indomabili, senza possibilità di gestione alcuna. Ci metto sopra un cappello e la sdrammatizzo così, però non può essere una soluzione definitiva, giusto?

Con il passare del tempo ho capito che i capelli lunghi non fanno per me, anche perchè li porto sempre legati, e oltretutto vorrei scongiurare l'effetto "dietro liceo, davanti museo" che purtroppo dopo i trenta è sempre in agguato, e quando vedo delle cinquantenni con i capelli lunghi fino al sedere freschi di piastra (a cui ovviamente si aggiunge il jeans skinny della figlia, e un trucco accennato à la Moira Orfei) ecco, anche no.
Di saloni ne ho provati tanti, da quelli che formano gli hairstylist del futuro, a quelli in cui ci lasci giù due stipendi e una cambiale, il risultato cambia di poco, c'è sempre il malefico rasoietto ad aspettarmi su quella poltrona.

La scorsa primavera decido di dare un taglio radicale. Capelli corti. Cortissimi.
Il taglio è scelto, ma dove vado?

Mia mamma mi propone la sua parrucchiera, prezzi modici, vecchia scuola.
Tanto peggio dei ragazzini non è possibile fare. Ci vado.

Entro nel salone un sabato mattina di sole (ci vuole il sole quando si va a tagliare i capelli, soprattutto i miei), supero la porta e mi ritrovo scaraventata negli anni '60. Un divanetto blu a microfiorellini bianchi fa bella mostra di sè in sala d'attesa, sul tavolino rivistacce di Signorini e campionari di colorazioni per capelli, il verde acqua delle pareti è fanè e non mi rilassa, ovunque poster appesi di qualsiasi taglio ed età, da Alessandra Amoroso a Gina Lollobrigida.
Sotto i caschi, un paio di nonnine dall'età indecifrabile (passano i settanta sicuro), con delle chiome candide a cui hanno fatto dei riflessi lilla e azzurri.
La musica in sottofondo, sparata a volume altissimo per superare il rumore dei phon, è liscio di serie B, ammesso che esista una serie A del liscio, con i testi ricchi di doppi sensi, e quel ritmo cadenzato che ti entra in testa e non te ne liberi più.
Una bella mazurca dal testo Vieni dentro mio caro amor fa da sottofondo al mio passaggio al lavateste. Ovviamente i miei capelli non sono mai stati tanto bene come in quel momento, e la domanda "ma cosa ci faccio qui?" si ripropone prepotente ad intervalli regolari.
HO.
PAURA.
Dopo lo shampoo e la consueta sfilza di richieste (vuole il balsamo? la crema? la mousse? la frizione? l'olio? supercazzola? comefossantani?) che declino elegantemente, eccomi lì seduta davanti allo specchio, tra una foto di Nadia Auermann e una di Sofia Loren. In ogni caso, struccata, coi capelli bagnati, sotto le luci al neon, e con un valzer lento dal titolo Come volano le ore a far l'amore, credo di aver raggiunto uno dei punti più bassi della mia autostima.
Ed ecco che arriva lei, un metro e sessanta scarso, tarchiatella, gonna al ginocchio, ballerine, gli occhiali da gatta, i capelli biondo platino cotonati. Sembra la versione più piccola della zia Assunta.
Le faccio vedere il taglio che ho scelto, lei abbassa gli occhiali per vedere meglio, mi guarda in faccia senza dire una parola, e alza un sopracciglio. Mi accorgo che mi sta studiando esattamente come io sto studiando lei.
Dopo di che, sempre senza fiatare, si avvicina il carrellino con gli attrezzi e io le chiedo se per cortesia può usare le forbici.
- Devo tagliare, cos'altro credi che usi?
Musica per i miei capelli.

Da questo momento mi rilasso, e la assecondo nel suo girovagarmi intorno, il taglio sembra già bello da bagnato, quando si asciuga finalmente ho la testa che desideravo, e stavolta sono certa che resisterà anche sotto i colpi dei miei lavaggi casalinghi.
Pago una cifra ridicola, e esco dal salone tutta contenta, canticchiando tra me e me "è la mazurca di periferia, ti vien la voglia di fare l'amor, eh!"

Il prossimo passaggio è il biondo platino. Domani gliene parlo.

5 commenti:

  1. Zia Assunta RULES!! ahaha

    ...e mi sto già scaricando del gran liscio dalla rete!
    (...dopo quei titoli non potevo resistere al richiamo del liscio romagnolo di Casadei & C. ;-)

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  2. Se parli di capelli e tagli con me sfondi una porta aperta. Riccioli, i miei. Di quelli che attirano l'umido come una calamita kitsch souvenir di viaggio un frigorifero. Vivo a Londra. "Fortunata te" dice la gente", "li mortacci tua" rispondo io col pensiero all'effetto pecorina stazionario...
    Piacere di conoscerti! :)

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  3. Carolina, piacere mio! Tu a Londra, io a Milano, che non è proprio famosa per il suo clima secco, anzi.
    Da novembre ad aprile, lanetta is in the hair...

    Cappello. La soluzione è il cappello.
    A Londra peraltro è un accessorio molto chic...
    Fortunata te!
    Grazie della visita!
    L

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  4. Questo post mi ha fatta sentire viva. Riccia e viva. Ho vissuto a Milano e a Londra... giusto per provare entrambi i climi congeniali al capello.

    Da piccola ero liscissima e sempre taglio lungo, un giorno la mamma mi fece tagliare la frangia e puff... sono nati tre boccoloni giganti e cadenti sulla fronte. E gli altri a seguire.
    Li odiavo. Li stiravo. Non li sopportavo.
    Sono sempre stati indomabili.

    Ad un tratto... follia. Ho detto al parrucchiere 'fai di loro quel che vuoi'. Ho sudato freddo. Ma il risultato è stato eccellente.

    Ora ho questa 'zazzara' di ricci e credetemi, non potrei più farne a meno.

    Un abbraccio a voi!

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  5. ecco, io ti invidio. non è tanto il capello liscio o riccio a fare la differenza per me, ma quel senso di soddisfatta accettazione (non rassegnazione, eh) di quello che ci cresce in testa.
    io non ci sono ancora arrivata, e temo non ci arriverò mai! però nella vita non si può mai dire, già col taglio corto ho svoltato...
    grazie di essere passata!

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