7 settembre 2011

6 maggio 1994 - seconda parte

(riassunto della puntata precedente, qui)

All'uscita da scuola ci aspettava la sorella grande di G., aria scettica, sopracciglio alzato.
- Contente voi di andare a vedere quel pirla, contenti tutti.
- Ne riparliamo tra qualche anno, eh.
- Tra qualche anno sarà scomparso, e nessuno si ricorderà più di lui se non per le prime stronzate.
- Vedremo. 

Diversamente fan. 
Non ci interessava che il mondo capisse il nostro punto di vista, anzi in realtà quello che avremmo voluto veramente, e quello che in fondo credevamo, era che nessuno lo capisse all'infuori di noi. Volevamo un suo concerto per noi quattro, cantare con lui, e poi magari farsi scappare un limone, macheccentra.

Ore 14:05, fuori dai cancelli. Il concerto iniziava alle 21. A quell'ora eravamo davvero in poche (tutte femmine, strano...), e noi attaccate alla ringhiera dell'entrata centrale, a fare picchetto, a prendere il sole, a mangiare i panini, senza bere perchè poi se devi far pipì ti tocca mollare il posto e noi mai, a ripassare i testi delle canzoni, mica che ci tocca poi stare zitte per un secondo.
Sei ore al sole in un pomeriggio di maggio. Roba da uscirne stordite completamente, e invece tenevamo botta con una tempra e con una convinzione che mai. Intorno cominciava ad arrivare molta gente. E noi lì. ferme, fisse, praticamente incatenate al cancello.

Alle 19, all'interno del cortile del palazzetto cominciarono a sistemare le transenne. Apertura dei cancelli. La tensione si tagliava col coltello, non dovevamo rischiare di perdere il nostro posto d'onore, avremmo fatto a botte per essere in prima fila anche alle transenne, lo step successivo. E infatti. Spintoni, urla, lo zainooo!!, ahia, che male! ci siete? ci siamo! eccoci lì in prima fila, noi quattro, incollate alla transenna centrale. La folla dietro spingeva, a ondate ripetute. Noi non potevamo avanzare ma solo schiacciarci di più contro le inferriate (il giorno dopo avremmo constatato di avere degli enormi lividi viola a forma di cancellata dallo sterno all'ombelico, una meraviglia).

Il più era fatto. Ora si trattava solo di essere velocissime (ecco, parliamone, noi velocissime...) dal momento dello strappo del biglietto all'arrivo sotto palco. Eccoli lì, i bigliettai. Tensione. Come ai 100 metri olimpici, solo un filo meno scattanti e muscolose, ma comunque.
A. sfoderò le sue armi, occhioni languidi, una spazzolata ai capelli biondissimi, e come per magia il bigliettaio venne subito da noi. Le prime quattro ginette a entrare nel palazzetto, che non è come entrare nella storia ma per noi andava bene comunque.
Dentro.
Altre transenne. Altra folla che spingeva. Lividi rinverditi da questi ulteriori schiacciamenti. I gorilloni della security davanti a noi ci gettavano acqua addosso, G. andò fuori di testa "i capeeeeeelliiiiiiii!!!" (un'altra con l'inquietudine tricotica costante, non in generale, ma perchè c'era A. a fare da riferimento), la maglietta bianca di S. diventò trasparente e le sue tettone si presentarono in tutta la loro marmorea fisicità (noi, che le tette le avevamo giusto lasciate a casa, verdi di invidia).
A. ovviamente, in tutto questo marasma, imperturbabile, impegnata a rimandare al mittente l'ennesima avance del pomeriggio, con un sorriso e una gentilezza che ti veniva quasi voglia di ringraziarla per il due di picche che ti stava rifilando.

Un'ora all'inizio del concerto.
Ormai la transenna era parte integrante delle nostre costole, il palazzetto gremito, qualche coro si alzava spontaneo per decadere subito. Qualcuno attaccava a battere le mani, e non si capiva mai come, ma dall'inizio c'era sempre quello che non riusciva ad imbroccare il ritmo, e sì che si direbbe una cosa elementare.
Noi, tutto un allungare di colli, per vedere i movimenti dietro le quinte.
Poi.
All'improvviso.
Luci spente. Buio.


(continua)

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