2 novembre 2011

Lo zainetto (marrone)

Provo a spiegare a Lee che deve ragionare con la sua testa. Mica facile. Cioè, mica facile su certe cose perchè in realtà quando si tratta di cose che reputa importanti non c'è nessuno che possa smuoverla da lì, a prescindere da amiche, maestre, mamma, parentame vario.
Ma per certe altre, aiuto.

Scuola di danza - interno - sera.
Si acquista l'abbigliamento per la lezione.
È imposto e obbligatorio: body nero, calzamaglia rosa, cache-coeur rosa, scarpette rosa. Unica opzione: scegliere tra una borsone grigio perla con il disegno stilizzato di una ballerina in rosa (il classico disegno stilizzato di tutte le classiche scuole di danza classica dell'universomondo classico) o uno zainetto.
Uno. Zainetto. Marrone.
Io non ho nulla contro il marrone, a parte il fatto che sembra ci voglia coraggio a chiamarlo col suo nome.
Infatti.
- Maddai, non è marrone, è biscotto.
- Sì, infatti è nocciola.
- Appunto, è moka.
- O cacao?
- Naaa è cangiante, sui toni del tabacco.
- Con una venatura color whisky.
[ecco io whisky e tabacco a questo punto volentieri grazie].

Lee sceglie decisa la borsa grigia. Figurarsi. Lo zainetto marrone non sarei riuscita a farglielo portare neanche a ridipingerglielo d'oro. Però.
N. e G., le sue amiche, quelle dell'esclusione, quelle che continuo a meditare di rapare a zero un giorno o l'altro, ecco loro due... vedo le loro mamme che confabulano per mezz'ora sulle qualità pratiche dello zainetto rispetto al borsone.
- È molto più facile da portare per le bambine.
Peccato che rientrino entrambe nella categoria di madri che impediscono alle loro ballerine di fare qualsiasi sforzo, fosse anche solo quello di portare il peso di due scaldamuscoli e un paio di scarpette in pelle rosa numero 28.
Quindi N. e G. zainetto.
(cantilena) "Noi abbiamo lo zainetto, noi abbiamo lo zainetto".
Che, ricordo, è marrone.

Niente, lo zainetto diventa improvvisamente l'oggetto del desiderio di Lee.
Arringo per quindici minuti buoni sul ragionare con la propria testa, alternando allegorie campestri a base di greggi di pecore e pastori, a citazioni casuali da Braveheart e Erin Brokovich, e ci aggiungo anche qui e là una spolverata di "le possino, 'ste stronzette", qualche manciata di Virginia Woolf che non fa mai male, e credo di aver finito decretando che no, non è lupus, mentre Roo mi lanciava ragnatele in alternanza a baci.
Siamo arrivate al compromesso che tiene il borsone grigio, e se tra una settimana sente ancora di volere lo zainetto marrone, io non mi opporrò, però, testuale, "che due maroni".

Lui rientra dal lavoro, pre-allertato telefonicamente dell'emergenza "borsa della scuola di danza".
- Lee, allora, raccontami, cos'è successo?
- Eh, niente... Sono una pecora.
- Beeeeh.
- Ahahah! Beeeeh.

Ecco come si sdrammatizza in un attimo la mia deliziosa arringa sull'importanza dell'indipendenza intellettuale.
Un belato, e passa tutto.

2 commenti:

  1. Ah però... sei brava perchè vuoi che i tuoi bimbi usino la testa. Io non sono mamma ma quando i miei nipoti erano piccoli io avevo già sufficienti anni per cercare di volerli tirare fuori dal gregge. Che lotta immensa!
    Hai tutto il mio appoggio!

    RispondiElimina
  2. Una lotta infinita ed estenuante. Ma il premio in palio è la sua indipendenza, quindi avanti finchè non lo capisce. Poi certo arriverà anche la fase "io voglio essere unica e irripetibile e quindi faccio l'alternativa a tutti i costi" (e faccio l'alternativa nel modo in cui chiunque fa l'alternativo). Anche lì ci sarà da ridere. E da combattere. Non so se posso farcela. Ma del resto, ho scelta?! :D

    RispondiElimina