4 febbraio 2012

Ci potrei stare (Italia edition)

Mi innamoro spesso.
Di libri, di parole, di canzoni, di persone, di posti.
E di città. Che è un concetto diverso da "posto", perchè laddove questo è circoscritto a pochi metri quadri, la città invece include tutto il suo essere, a prescindere dal conoscerla interamente o meno.
Amo Milano per vari motivi di cui ho già parlato. E anche se sembra una città incapace di farsi amare, dove lo sport più diffuso è quello di lamentarsene, io la amo. Che lo so che è del tutto irrazionale, ma l'amore per una città, i suoi simboli, i suoi luoghi, le sue piazze, non può che essere irrazionale. O meglio: esistono forse forme d'amore non irrazionali?

Amo Roma. Non è che ci voglia molto, soprattutto se la vivi solo in vacanza, e ti lasci sedurre dai suoi tempi dilatati, dai suoi viali immensi, dal giallo del tramonto e dalle sue piazze. Roma è bella e ti fa sentire bella, costantemente sul set di un film che stai girando solo nella tua testa, con quelle scenografie, quell'architettura, quella luce, quel cielo che esistono solo lì. A Roma mi perdo spesso e volentieri. Cammino e lascio che la città mi scorra intorno. Trovo nuove vie, nuovi vicoli, nuovi raccordi, è talmente tutta da scoprire che forse perdercisi è solo un modo come un altro per farlo.

E poi.

Amo Modena che mi ha adottato ed è un gioiello, una bomboniera, dove tutto sembra accessibile, facile, a portata di mano. È tutto così bello, vivo, curato, eppure così pulsante, così goloso, cioè sei dentro in questa città con le luci del centro che rinforzano il giallo delle case storiche e i ciottoli delle vie del pedonale con la sensazione che sì, lì potresti starci benissimo. Poi assaggi la cucina e confermi quest'idea [poi torni a casa, ti pesi e cambi opinione]. Modena è bella e orgogliosa, austera e golosa, è una città possibile e ogni volta che ci torno passo il tempo con il naso all'insù a cercare il solito ultimo piano con travi a vista da sognare di acquistare.

Di Bologna mi ricordo soprattutto quanto mangiavo. Ero in uno strano periodo di notti in bianco per svariati motivi, e riempivo il mio disagio da mancanza di sonno con piatti arancioni di ragù, goderecci come lei. Bologna è la prima città in cui ho seriamente valutato di trasferirmi, immaginando una vita fatta di camminate attraverso portici, Piazza Grande, torri storte, Montagnola, gite a S. Luca, carboidrati e quell'accento che mi portava via. Di Bologna ho un ricordo di tanta musica e arte, di amicizie che sembravano vere e sono durate un niente, di amori che sembravano grandi ed erano granelli di sabbia. È stata un po' una città miraggio: niente era ciò che sembrava. Tranne lei, bellissima.

Firenze è la città di mia nonna paterna, ne sento un legame anche se la conosco poco. Di Firenze ricordo case immense con un parquet scricchiolante, la soggezione di enormi arazzi alle pareti e mobili dalle forme preziose che odoravano di gommalacca. Ci riunivamo con quel ramo di famiglia che vedevamo raramente per vivere insieme le tradizioni della pasqua fiorentina, il Brindellone, lo scoppio del carro e la Colombina che torna indietro passando su migliaia di teste riunite in una piazza gremita in una delle ultime occasioni di stare con la nonna prima che l'alzeheimer le portasse via i ricordi e, anni dopo, il cuore.

Quando mi accorgo che mi sto innamorando di una città? Quelli qui sopra sono i miei grandi amori urbani. Ma ci sono altre città in cui ricordo di aver chiaramente pensato "ci potrei stare", per quanto valutate con la superficialità di un momento, di uno stato d'animo vacanziero, di un'idea balzana.
Molte, moltissime, città italiane: Torino, Mantova, Parma, Ferrara, Ravenna, Arezzo, Perugia, Bari, Trieste, Cagliari. Ma in particolare.
Lecce e il suo barocco, vissuta poco, in vacanza, schiacciata sotto il peso di un sole a 42 gradi. Lecce è il ricordo di un viaggio di sette giovani donne in autostop e l'indipendenza e il senso del farcela e il tornare ad apprezzare la rediviva cavalleria dopo tanto cavarsela da sole.
Palermo, il suo mercato, il pesce esposto, le grida in quel dialetto impossibile, i cannoli con la granella di pistacchi, una toccata e fuga per poi tornare al mare alle Eolie.

E poi Verona. Che non ci sono mai stata. Ma ci sarà sempre una piccola parte di me che ricorderà Verona, un aperitivo in Piazza delle Erbe, un giro tra le bancarelle e tante altre cose che sarebbero certamente successe. Ma questa è davvero un'altra storia. 

Che non racconterò.

1 commento:

  1. Quasi tutti posti un cui sono stato e che amo anche io, per motivi diversi.

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